Il super boss Matteo Messina Denaro catturato a Palermo dopo “appena” 30 anni di latitanza

Corriere di Ragusa Sicilia

Il super boss Matteo Messina Denaro catturato a Palermo dopo “appena” 30 anni di latitanza

Il tam tam mediatico comincia al mattino presto: hanno catturato in una clinica a Palermo il super boss Matteo Messina Denaro dopo quasi 30 anni di latitanza. E via ad un profluvio di lanci di agenzia con aggiornamenti, dettagli, approfondimenti. E poi ancora le immancabili felicitazioni, i complimenti, i commenti su una giornata storica e via dicendo. Tutto molto bello, tutto come da copione, tutto come accadde esattamente 30 anni fa con l’arresto dell’altro pezzo grosso della mafia, quel Totò Riina che prima considerò Messina Denaro il suo pupillo, e poi, dal carcere, lo rinnegò. Ecco, la cattura del super latitante che per 30 anni si è fatto beffe degli investigatori di mezzo mondo, cade proprio nel trentennale dell’arresto di Riina. Una manna per gli appassionati della cabala e dei numeri da giocare al Lotto o al SuperEnalotto. Numero da accoppiare magari alle date di messa in onda della fiction “Il nostro Generale”, su vita e morte del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ovvero l’ideatore di quel gruppo antiterroristico negli anni di piombo, ovvero l’antenato dell’attuale Ros, il gruppo scelto dei Carabinieri che hanno preso Messina Denaro. Tutto si incastra quindi magicamente all’improvviso come in un ipotetico puzzle durato decenni, con tanto di coincidenze e anniversari. Tutto troppo bello.

Epperò nessun cenno alla notizia filtrata, quasi timidamente, appena un paio di mesi fa, dove trapelò la circostanza, tutta da verificare, secondo cui Messina Denaro avrebbe confidato ai suoi fedelissimi che era ormai deciso a farsi arrestare, perchè ormai vecchio, stanco e, soprattutto, gravemente malato. Non a caso la cattura è scattata all’alba di un piovoso lunedì di metà gennaio in una nota clinica privata di Palermo, fiore all’occhiello nelle cure oncologiche, dove il super boss si recava, ovviamente in incognito, per farsi curare il cancro al colon che lo aveva colpito da tempo. Quando decine di militari del Ros hanno dato il via al blitz, sigillando la struttura, Matteo Messina Denaro era in fila per il tampone covid, come un utente qualsiasi, prima di tentare una improbabile fuga nel vicino bar della struttura, sembra più per “teatro” che altro, venendo subito bloccato e confermando ai militari di essere l’ultima “Primula rossa” della mafia”, che se ne andava tranquillamente in giro con documenti falsi e con l’identità fittizia di Andrea Bonafede, come nel più classico dei film di mafia.

E’ proprio vero che il super latitante per decenni al vertice del mandamento abbia deciso di farsi arrestare? Probabile, almeno fino a prova contraria. D’altronde sono passati “appena” 30 anni da questa “data storica” per la Sicilia, per l’Italia e non solo. Messina Denaro lo avevano cercato per ogni dove: dagli Stati Uniti all’Africa, passando per l’Olanda, dove venne arrestato un ignaro tizio scambiato per il super latitante, che invece se ne era sempre stato nella sua amata Isola, protetto dai suoi fiancheggiatori, uno dei quali lo aveva accompagnato in clinica e che è stato arrestato. Lo Stato inneggia giustamente alla vittoria, per la cattura di uno che si vantava di aver ammazzato tante di quelle persone da poterci riempire un cimitero, che aveva fatto sciogliere nell’acido un bambino, dopo averlo tenuto prigioniero per 2 anni, solo perché figlio di un suo nemico.

Messina Denaro, detto “U siccu”, che si credeva Diabolik, al punto da aver pensato di far installare 2 mitra sul cofano della sua Alfa 164, come nella Jaguar del personaggio del giallo a fumetti creato dalle sorelle Giussani e di cui il super latitante era un inossidabile fan. Note di colore, aneddoti, curiosità, retroscena che condiscono l’eclatante notizia dell’arresto, rimbalzata sui media di tutto il mondo. Ma questa non è la chiusura di un cerchio, è solo l’inizio. Perché si deve fare luce sulle connivenze, a tutti i livelli, come affermato da un magistrato in una delle decine di interviste televisive, che hanno consentito a Messina Denaro di potersi concedere 30 anni di latitanza senza mai muoversi dalla Sicilia, per mantenere il potere. Un potere evidentemente ora passato di mano. Ma a chi? E’ la classica domanda da un milione di dollari. E sì, perchè la cattura del super latitante sa molto di “pensionamento”, con la mafia probabilmente già “rigenerata” da soggetti di cui non si sa ancora nulla e che si basano su metodologie nuove, “discrete” e molto meno violente rispetto al passato, con le mani anche sui business “puliti” e legali, sempre tramite quelle stesse connivenze alle quali sono stati accostati Riina prima e Messina Denaro ora. Ma per tutto questo ci sarà tempo. Per ora festeggiamo.

Condividi questo