Corriere di Ragusa Sicilia

Il giudice cancella un debito di 70 mila euro a una coppia. Società di recupero crediti non legittimata

PALERMO – Le società di recupero crediti che acquistano in blocco somme non incassate da banche e finanziarie non sono legittimate ad esigere i soldi dai singoli debitori se non dimostrano in modo rigoroso di averne titolo. Non bastano il contratto di cessione dei crediti e l’elenco con i nomi dei debitori. Lo ha stabilito nelle scorse settimane il giudice della terza sezione civile, Francesca Taormina, che, proprio in virtù di questo principio, ha liberato da un debito di quasi 70.000 euro una coppia di palermitani, revocando un decreto ingiuntivo emesso dal tribunale il 23 luglio 2020 a favore di un società di recupero crediti, la Ifis Npl Investing Spa. Lo riporta Palermo Today.

Sembra una cosa molto tecnica e complessa, ma è quella in cui incappano migliaia di persone che non riescono a far fronte ai propri debiti dopo aver acceso un mutuo. Il giudice ha accolto le tesi dell’avvocato Paolo Di Stefano, che difende i due ai quali veniva chiesto il pagamento di 65.828,43 euro (oltre interessi) non più dalle aziende con le quali avevano attivato dei finanziamenti, ma con la società di recupero crediti che avrebbe acquistato il loro debito in blocco assieme ad altri.

Per la difesa (ed è quanto è stato condiviso anche dal giudice) la società di recupero crediti non sarebbe stata legittimata a chiedere le somme perché non avrebbe dimostrato che in quella specifica operazione di acquisto in blocco di crediti ci fosse proprio anche quello della coppia. In base a recenti sentenze della Cassazione, “ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente la produzione dell’avviso sulla Gazzetta ufficiale” dell’acquisto in blocco dei crediti, che “non prova l’avvenuta cessione”. Per “poter fungere da prova dell’avvenuta cessione dei crediti in blocco” deve “contenere – scrive il giudice – tutti gli elementi necessari a identificare con precisione il credito”. L’avviso, in altri termini, “non dà contezza degli specifici e precisi contorni dei crediti che vi sono inclusi ovvero esclusi, né tanto meno consente di compulsare la reale validità ed efficacia dell’operazione materialmente posta in essere”.

Nella sentenza, infine, si legge che “è errato ritenere che l’onere probatorio del concessionario possa essere assolto solo ed esclusivamente con la produzione di una lista dei crediti e del nominativo del debitore ingiunto”. Dunque, nel caso specifico, non essendo “stata fornita un’idonea prova dell’inclusione del credito oggetto di causa nelle operazioni di cessione e, di conseguenza, della legittimazione sostanziale della società ingiungente”, il decreto ingiuntivo è stato revocato.

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