I “nuovi schiavi” si ribellano: ai domiciliari 3 fratelli titolari di un’azienda agricola a Ispica accusati di sfruttamento del lavoro ed estorsione

Corriere di Ragusa Cronaca

I “nuovi schiavi” si ribellano: ai domiciliari 3 fratelli titolari di un’azienda agricola a Ispica accusati di sfruttamento del lavoro ed estorsione

ISPICA – I “nuovi schiavi” delle serre stavolta si sono ribellati e hanno collaborato attivamente con le forze dell’ordine per far valere i loro diritti inviolabili e incastrare i loro “caporali”. 3 fratelli imprenditori agricoli sono stati arrestati dai carabinieri nell’ambito di una operazione contro il caporalato che ha portato anche al sequestro preventivo per equivalente di una somma pari a quasi 850.000 euro. I 3, sottoposti agli arresti domiciliari, risultano essere titolari di un’azienda agricola di produzione di ortaggi a Ispica e sono ritenuti responsabili dagli inquirenti, in concorso tra loro, di sfruttamento del lavoro, estorsione e violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

I reati sarebbero stati commessi ai danni di 16 lavoratori di origine ghanese e nigeriana. L’indagine, svolta tra ottobre 2022 e maggio 2023 dai militari dell’Arma e coordinata dalla procura di Ragusa, denominata “Free Work”, ha accertato che gli indagati avrebbero costretto i propri dipendenti, sotto minaccia di licenziamento, a condizioni lavorative inique, approfittando del loro stato di bisogno, corrispondendo una retribuzione di circa un quinto rispetto a quanto previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro in agricoltura (anche meno di 2 euro l’ora a fronte dei circa 8 euro previsti) e facendoli lavorare in violazione delle norme in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro.

In particolare è stato riscontrato come i lavoratori non venissero muniti dei dispositivi di sicurezza previsti e fossero impiegati in impianti serricoli, nell’attività di irrorazione di fitofarmaci, tanto da determinare casi di intossicazione e di irritazioni cutanee e alle mucose. I braccianti svolgevano turni di lavoro estenuanti, sottoposti a sorveglianza a distanza e fatti dormire in tuguri per i quali veniva deliberatamente trattenuta una quota della retribuzione come corresponsione dell’affitto.

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