Corriere di Ragusa Sicilia

Corte dei Conti contesta oltre 2 miliardi: bilanci regionali fuori controllo

Un macigno di immani proporzioni si è abbattuto sulla Sicilia: la corte dei conti ha giudicato inattuabile e sbagliata la manovra dell’ex presidente della Regione Nello Musumeci per spalmare l’enorme debito di oltre 2 miliardi di euro in 10 anni. La regione sarà costretta a trovare e accantonare subito in bilancio 866 milioni di euro, oltre a dovere coprire immediatamente un buco di altri 300 milioni. Senza una norma “salva Sicilia” nella legge di conversione del Dl Aiuti o nella legge di bilancio, la regione sarà quindi costretta a trovare e accantonare subito in bilancio questa ingente somma, oltre a dovere coprire immediatamente un buco di altri 300 milioni per decine di partite contabili ritenute irregolari nel conto economico e in quello patrimoniale. Inoltre serviranno altri 460 milioni per rimettere in equilibrio i conti del 2024. E’ un responso drammatico per le casse regionali, soprattutto alla luce della sospensione del giudizio di parifica del rendiconto 2020, con una sentenza ancora più pesante delle richieste che aveva formulato la procura contabile, propensa per una parifica parziale. Per il presidente Renato Schifani un esordio amaro davanti ai giudici, anche se le partite contabili contestate riguardano l’ex governo di Nello Musumeci, oggi ministro del mare e della protezione civile. I giudici hanno deciso di sollevare la questione di legittimità costituzionale davanti alla consulta sulla manovra con la quale 3 anni fa l’ex governo Musumeci incassò dal consiglio dei ministri un decreto legislativo per il via libera a spalmare in dieci anni il disavanzo di 2,2 miliardi di euro. Per la corte dei conti non si poteva fare per 2 motivi: serviva una legge e non un decreto legislativo, e comunque il ripiano fu fatto prima che fosse approvato lo stesso decreto legislativo. Dunque quella “spalmatura” andava fatta in 3 esercizi finanziari. Del contenzioso adesso se ne occuperà dunque la corte costituzionale, ma per il momento il governo Schifani si ritrova a gestire la patata bollente in tempi strettissimi.

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