Corriere di Ragusa Attualità

Prima campanella nel Ragusano: le riflessioni di una docente

di Marinella Tumino *

Anche in Sicilia, e quindi nel Ragusano sta per arrivare il fatidico momento del suono della prima campanella in Sicilia. Il 19 settembre tutti in classe (anche se qualche istituto ha anticipato l’apertura in piena discrezionalità, n.d.r.), dando il via a un nuovo Anno Scolastico ricco di responsabilità e di sfide importanti. Sarà un rientro emozionante per tutti! Gli alunni torneranno sui banchi pieni di aspettative, di speranze e di preoccupazioni, soprattutto dopo due anni di pandemia.
Nessun obbligo di mascherina in classe, tranne per i soggetti fragili, nessuna DAD, neanche per gli studenti che risulteranno positivi, eccetto per i soggetti fragili, e ritorna il tanto amato “compagno di banco”. E noi insegnanti siamo davvero pronti per iniziare una nuova avventura? Nonostante la fatica di alzarsi presto, dopo la lunga pausa estiva e due anni di pandemia, la prima ora del primo giorno sarà utile per accendere i motori, attendere qualche minuto e poi partire. Dopo due anni di brutture, è necessario correre ai ripari e cogliere la bellezza nelle piccole cose per potersi ricaricare e affrontare un nuovo anno scolastico. Non esiste una ricetta magica, ma prima di tutto cerchiamo di analizzare i buoni propositi che all’inizio di un nuovo anno scolastico sono doverosi, anche se spesso molto scontati. Prima di cosa ricordiamoci che i nostri interlocutori, gli studenti, sono reduci da un periodo storico segnato da privazioni e costrizioni. Sono stati molto male, hanno anche ceduto le armi e spesso hanno anche mollato la scuola. Sarà fondamentale, dunque, affrontare la quotidianità scolastica ascoltando le loro esigenze, provando a chiarire i loro dubbi, accettando le loro sfide, ma anche ridendo a cuore pieno con loro. Sì, perché la loro risata riempirà ed echeggerà nella classe e scatenerà delle energie positive stimolanti anche per noi. La prima campanella dovrà servire anche per far esplodere di stupore i ragazzi: occorre meravigliarli, coinvolgendoli in racconti e storie in cui, magari, i loro insegnanti sono stati coinvolti e hanno scoperto il senso della vita e delle piccole cose, trasmettere loro l’idea che il fine per cui studiare sono loro e non solo l’interrogazione, che conoscere e apprendere qualcosa li renderà più liberi e appagati, perché proprio quel qualcosa ha reso più liberi e appagati noi. Sprigioniamo la loro voglia di essere felici, appassionandoli con la bellezza. Proponiamo loro poesia, arte, musica e consentiamo loro di condividere le loro passioni. Fare scuola non significa insegnare solo contenuti, ma come agenti educanti che “lasciano il segno” dobbiamo aiutarli ad acquisire autonomia, indipendenza, a tirar fuori le loro vere essenze; insegniamo loro anche l’importanza dell’inclusione e della solidarietà, che permette sempre di dare una mano ai compagni che rischiano di restare indietro o sono in difficoltà. E’ proprio la Scuola che consente la socialità, di curare le relazioni interpersonali, di vivere la quotidianità di gruppo e di confrontarsi con gli altri, di aprire orizzonti inediti e sviluppare la propria sensibilità, i propri talenti e il proprio spirito critico. Sprigioniamo il loro bisogno di libertà, solo così possiamo costruire menti aperte con le quali è poi possibile parlare anche di contenuti. Grazie al bagaglio di conoscenze, competenze e abilità che acquisiranno a scuola, i giovani saranno in grado di combattere l’incertezza di quest’epoca che pare voglia sminuire le speranze, le ambizioni e i sogni. Guidiamoli in questo percorso e impareranno anche ad andare oltre per poter, così, realizzare il proprio progetto di vita, iniziando a costruirlo solo partendo dall’oggi.

* Docente di materie letterarie

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