di PIPPO LA LOTA
VITTORIA – Il 31 ottobre di 5 anni fa ci lasciava Gianni Molè. L’uomo, il giornalista e l’amico al quale mi legava un’amicizia lunga 44 anni e con il quale non mi stancavo mai di confrontarmi su qualsiasi tema politico, sportivo, di costume e di cazzeggio. L’uomo dal carattere forte e carismatico. Il giornalista dalla schiena dritta. Il cronista e opinionista refrattario a qualsiasi tipo di pressione esterna. Il maestro che ha insegnato a tanti colleghi i “fondamentali romantici” di un mestiere oggi sempre più in mano a reggicoda e partitanti. E ancora, l’amico personale e di famiglia con il quale ho condiviso momenti di goliardia, di soddisfazioni e altri ancora di avvilimento riguardo alla situazione politica locale. Infine, alleato e complice di eventi indimenticabili, ricco di pregi che lodavo in pubblico e di difetti che biasimavo in privato, come le vere amicizie esigono perché durino a lungo.
Non so in questo momento se vive sereno con gli angeli o se combatte ancora con i diavoli dell’aldilà dopo avere lasciato quelli terreni; io lo immagino immerso in un sonno profondo e indisturbato. Però quando vado in via Cavour lo vedo ancora che mi viene incontro tra via Fanti e via Cernaia con l’incedere possente, il ciuffo grigio e spettinato e il mezzo toscano tra indice e medio per propormi un aperol da Frasca o da Stracquadanio. Ripenso ancora alle gite e alle scampagnate con le famiglie, con Chica e Salvo prima e con Giulia e Andrea dopo che ci facevano impazzire nelle pizzerie. Ricordo la lezione che ci dette quando accettò il licenziamento, piuttosto che piegarsi, perché gli veniva negato il sacrosanto diritto all’applicazione del contratto giornalistico. Ho ancora nella mente i viaggi alla Fruit di Berlino con Giovanni Gintoli e Daniela Citino. E quel pomeriggio al Pergamonmuseum, dopo un giorno di interviste, quando convinsi con linguaggio e gesti maccheronici italotedeschi il teutonico severo che ci sbarrava l’ingresso perché Gianni non aveva in tasca il tesserino dell’Ordine. “Solo la tua faccia tosta poteva farci entrare tutt’e 3 gratis”, borbottò incredulo. E le risate a crepapelle al metal detector dell’imbarco quando stavamo rischiando di rimanere in Germania. Scoprimmo dopo tempo che a Gianluca Salvo, quasi ridotto in mutande, i suoni provenivano dalle punte ferrate delle scarpe.
Vuoi ora che ti dica qualcosa di positivo? Il ponte sul fiume Ippari per il quale hai tolto il sonno all’ingegner Carlo Sinatra e al commissario Salvatore Piazza è finalmente in dirittura d’arrivo. La tua Chica ha scritto un libro definendoti l’”Ossigeno” che manca alla sua vita.
Quanto a me, sono sempre più solo e anche “stonato” (capirai la metafora), pure quando canticchio il “Ragazzo della via Gluck” che ti piaceva tanto farmi cantare. Mi chiedi com’è la situazione? Ancor peggio di quando te ne sei andato. E purtroppo non si vede luce in fondo al tunnel.
E conservo sempre al cellulare lo strazio di quei messaggi senza risposta. “Dimmi qualcosa di buono” ti scrissi il 30 di ottobre del 2020. Ma tu eri già intubato e sottomesso al covid che ti ha portato via nella mattinata di 5 anni come oggi lasciandomi il cruccio di non averti potuto vedere e accarezzare prima del tuo ultimo viaggio da “inviato speciale” per un servizio ignoto e senza ritorno.
Nella foto in alto, da sx Gianni Molè e Pippo La Lota

