Un milione di euro per ristrutturare i colombari del cimitero di Modica, a cominciare da quelli più malmessi. E la ditta Zaccaria ci pensa su

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Un milione di euro per ristrutturare i colombari del cimitero di Modica, a cominciare da quelli più malmessi. E la ditta Zaccaria ci pensa su

MODICA – Ci vuole almeno un milione di euro per cominciare a ristrutturare i colombari del cimitero comunale di Modica, a partire da quelli più malmessi. E la ditta Zaccaria ci sta pensando su, anticipando le somme e trovando poi il modo di recuperarle dal comune. La trattativa è ancora alle fasi iniziali con l’assessore al ramo Saro Viola, e si auspica che l’accordo venga trovato al più presto, senza lungaggini che portino la già “luncariùsa” e penosa vicenda alle calende greche. L’ente non può scucire un centesimo, a causa del ben noto stato di pre dissesto dovuto ai buchi di bilancio e al disavanzo di oltre 100 milioni di euro. Pertanto la ditta Zaccaria, che ha in appalto la gestione del cimitero fino al 2038, si è detta disponibile ad anticipare l’ingente somma, ma a patto che la possa recuperare in maniera certa negli anni a venire, prima che scada il contratto. Il tempo ci sarebbe in abbondanza, a patto, come accennato, di non dilatare a dismisura le tempistiche di un ipotetico accordo tra ente pubblico e privato. Nel frattempo le aree a rischio della parte vecchia del cimitero restano inaccessibili, a causa delle transenne che insistono ormai da qualche anno, impedendo ai visitatori di poter portare un fiore ai propri cari defunti.

Una vergogna che si trascina da troppo tempo a causa dell’impossibilità di risalire agli eredi dei responsabili delle confraternite e dei sodalizi privati che avrebbero dovuto gestire e curare negli anni i colombari, ormai fatiscenti, in cui insistono centinaia di loculi. Se tutto dovesse andare dunque a buon fine tra la ditta Zaccaria e il comune di Modica sull’accordo di ristrutturazione a spese della prima dei colombari in abbandono, e non è ancora detto a causa del grosso punto interrogativo che al momento pende come la classica e fatidica spada di Damocle, trascorrerebbero almeno un altro paio d’anni, ottimisticamente parlando, prima di riaprire le aree ora interdette alla pubblica fruizione. Insomma, come dire in dialetto siculo “Ca c’è ancora u tièmpu i morri” (e non c’è bisogno di tradurre).