Sicilia decimata da denatalità ed emigrazione: perse 918.000 persone in un decennio. 21% di alunni in meno e scuole a rischio chiusura

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Sicilia decimata da denatalità ed emigrazione: perse 918.000 persone in un decennio. 21% di alunni in meno e scuole a rischio chiusura

C’è una evidente carenza di asili nido in Sicilia. Secondo i dati di Serenella Caravella, ricercatrice della Svimez, l’Isola è l’ultima fra le regioni italiane per dotazione di posti negli asili nido, 12 ogni 100 bambini, di cui solo il 6,8% sono pubblici, a fronte di una previsione del “Pnrr” di almeno 25 posti ogni 100 bambini. Per cui molte donne sono costrette a scegliere di lavorare rinunciando a essere mamme. Così la popolazione siciliana è decimata dalla denatalità, ma anche da un’incessante emigrazione. Dal 2014 al 2024, secondo Svimez, il Sud ha perso 918.000 persone; nel solo 2024 il saldo fra nati e morti qui è negativo per 84mila unità, a questo si sono aggiunti 52mila giovani trasferitisi al Nord; la Sicilia “pesa” il 10%. Ma questa condizione spinge la Svimez a lanciare un altro allarme alunni tale da giustificare il mantenimento della rete scolastica attuale, con conseguente soppressione di classi e di autonomie scolastiche, né le risorse umane necessarie a mandare avanti l’economia. Un numero parla per tutti: entro i prossimi dieci anni, nel 2035, la Svimez calcola che la Sicilia perderà un quarto degli alunni della scuola primaria (6-10 anni). Quest’anno, secondo i dati ufficiali dell’Ufficio scolastico regionale, la popolazione della scuola primaria conta 201.559 alunni. Ebbene, secondo la Svimez nel 2035 la Sicilia avrà 44.811 alunni in meno iscritti alla scuola primaria (-21%), cioè quasi un quarto.

L’allarme è subito raccolto dai sindacati siciliani. Per Alfio Mannino, segretario generale della Cgil Sicilia, “Emigrazione giovanile e denatalità sono due facce della stessa medaglia: la sfiducia nelle prospettive future, conseguenza delle politiche del governo nazionale e della mancanza di iniziativa per lo sviluppo di un governo regionale appiattito su quello nazionale”. Rincara la dose la Cisl Sicilia: «La crisi demografica siciliana incide sul tessuto sociale e produttivo dell’Isola, con ricadute pesanti sulla riduzione della forza lavoro, sull’invecchiamento della popolazione e sulla perdita di capitale umano e intellettuale», dice il segretario generale, Leonardo La Piana che insiste sull’esigenza di «varare un piano straordinario per la natalità e l’occupazione giovanile e femminile, finalizzato alla conciliazione vita lavoro, all’avvio di investimenti sull’innovazione tecnologica e al miglioramento del sistema del welfare e dei servizi». Ma la segretaria generale della Cisl Scuola Sicilia, Francesca Bellia, evidenzia come «il crescente dato di denatalità, che si traduce in un numero inferiore di alunni per classe, debba essere piuttosto l’occasione per migliorare e personalizzare l’offerta formativa. Non si utilizzi la denatalità per il mero contenimento della spesa, da realizzare con la soppressione di autonomie scolastiche».

E la Uil Sicilia indica una strategia complessiva, come spiega la segretaria generale Luisella Lionti: «La perdita di 44.000 alunni nella scuola primaria entro il 2035 significa meno giovani, meno famiglie, e un futuro di opportunità sempre più ridotto per la nostra Isola. La combinazione di denatalità ed emigrazione sta prosciugando il nostro tessuto sociale ed economico, mettendo a rischio la tenuta delle scuole e dei servizi essenziali. La Uil continua a chiedere con urgenza interventi e politiche per incentivare la natalità, sostenere le famiglie e creare condizioni favorevoli affinché i giovani possano realizzarsi qui. Senza dimenticare il rafforzamento del welfare delle donne: oggi in Sicilia scegliere di fare un figlio è più difficile che altrove. Anche per la carenza di strutture e servizi educativi. Per non parlare del tempo pieno a scuola, inesistente. Investire nella scuola significa investire nel futuro della Sicilia. Non possiamo permettere che questa perdita drammatica di alunni impoverisca ulteriormente il nostro sistema educativo e la nostra terra».