Il Mistero della figura di Gesù
Il comportamento di Gesù descritto nei Vangeli è deviante rispetto ai valori fondamentali della società in cui egli si muove ed il suo ritratto sfugge a qualsiasi schema o modello di vita religiosa a lui contemporanea. Gesù proclamava una dottrina che affermava la necessità di amare anche i propri nemici. Celava la sua vera identità di Messia e Figlio di Dio per timore di suscitare il fanatismo delle folle, raccomandava prudenza per non eccitare l’entusiasmo patriottico e sceglieva la via dell’amore passante attraverso l’umiliazione e la sofferenza. Gesù attribuiva alla povertà e all’umiltà valori moralmente positivi, addirittura esaltava la povertà come un bene, al punto da definire i poveri beati. Poneva la sua potenza nella debolezza, la sua vittoria nel fallimento della croce. Al contrario del mondo giudaico dove la povertà era considerata come il segno di scarsa benevolenza divina, la persona umile era disprezzata e considerata ignobile e di scarso valore. Gesù, inoltre, ostentava un atteggiamento positivo verso due realtà svalutate dal giudaismo: le donne e i bambini. Il giudaismo, infatti, si rivelava come una religione di uomini, in sintonia con il mondo pagano antico (da Socrate a Platone, da Euripide a Pitagora, a Cicerone etc…) e con la cultura maschilista risalente all’epoca dei Patriarchi. Anche se nel racconto della creazione la donna era stata creata uguale all’uomo, l’evoluzione degli usi e costumi della vita sociale ebraica assegnavano un ruolo marginale alla donna, o peggio ancora il ruolo di “oggetto”. Talvolta era considerata anche come creatura impura da guardare con diffidenza. Tenuta in una condizione d’inferiorità sociale, non le era riconosciuto alcun diritto, salvo quello di essere nata per mettere al mondo e allevare figli. Totalmente subordinata al marito, era soggetta al ripudio a cui aveva diritto solo l’uomo. Gesù, non accettando questa predominanza di ruoli, si erge a difesa della dignità e dei diritti della donna. Spazzando via una delle cause principali dell’emarginazione, ossia la mentalità che il compito sociale della donna fosse quello di essere solo sposa e madre, Gesù opera un’autentica rivoluzione a favore della donna. Infatti, a differenza della prassi rabbinica, Gesù ama circondarsi di donne che sono incluse al suo seguito itinerante, s’intrattiene pubblicamente e guarisce donne pagane; si fa seguire anche da ex-prostitute, vilipese dalla società come personificazione del peccato; non esita a guarire donne ritenute impure secondo le norme rituali giudaiche; sgrida Marta a non affannarsi ad occuparsi delle faccende domestiche (un dovere nel mondo ebraico) e la invita invece a prodigarsi all’ascolto della ‘Parola di Salvezza’. Permette a Maria di Magdala e alle altre discepole di seguirlo e servirlo durante la sua attività apostolica; esse non lo abbandonarono neanche nelle ultime ore più tragiche della sua vita mortale. L’apice sarà raggiunto quando, all’alba della Pasqua, riserva l’onore di prime testimoni della sua Risurrezione proprio ad alcune donne, smentendo così la norma della cultura del mondo giudaico che non riconosceva alcun valore alla testimonianza femminile. Anche nei riguardi dei bambini Gesù infrange la mentalità del tempo che tendeva ad escluderli dalla vita comunitaria. Gesù, incurante ancora una volta delle regole del tempo, non solo non scaccia i bambini secondo l’uso comune, ma sgrida duramente i discepoli che li vogliono allontanare. Con rovesciamento radicale dei valori, li addita addirittura ad esempio, richiamando gli adulti alla necessità di ridiventare come bambini per potersi aprire alla conversione e all’accoglienza del Regno di Dio.
Gesù era un uomo benevolo verso tutti, consapevole della condizione del suo popolo, attento nella sua rischiosa predicazione a evitare i tranelli che gli venivano tesi di continuo. Ma talvolta era anche un uomo aspro che sentiva fin nel profondo del suo essere il senso di una missione che poteva arrivare a scardinare i rapporti tra gli uomini e i fondamenti di una società. Non piaceva a tutti il suo tentativo di dare un volto nuovo alla religione ebraica avvicinandola ai più miseri, alle donne, ai bambini. Al centro della sua religione non c’è più il tempio ma la “forza dello spirito” che muove l’amore del mondo. Gesù prende le distanze da una fede incentrata sui riti della sinagoga, alla ripetizione meccanica dei versetti, all’obbedienza formale della Legge, con il cuore vuoto, senz’anima e senza spirito. Diceva che la vera battaglia tra il bene e il male non si combatte nelle sinagoghe ma nel cuore degli uomini, con la forza dell’amore e la forza della fede. Basta un rapporto diretto con Dio che sa come leggere nel cuore di ognuno. Gesù non voleva cambiare la religione ebraica, voleva solo migliorarla purificandola, voleva accedere alle coscienze degli uomini e spingere la gente a pregare Dio con la forza del proprio cuore.
La predicazione di Gesù violava anche un principio fondamentale del mondo ebraico, secondo cui un profeta doveva convalidare le sue credenziali di “Uomo di Dio” manifestando personalità, autorità e rigorosa austerità dei costumi. Il rimprovero che frequentemente gli era mosso era quello di mangiare e bere in compagnie equivoche, di dare adito a situazioni scandalose, come di proteggere le prostitute. Tenendo presenti tutte queste realtà sociali e religiose del tempo, è chiaro che Gesù creò nella società ebreo-giudaica un momento di critica alla mentalità corrente. La sua dottrina cozzò con la cultura e la classe religiosa del tempo, rappresentò sicuramente un evento di rottura sia sul piano politico che religioso, e non fu causa secondaria della sua condanna a morte. Si può comprendere allora il motivo del rifiuto immediato della comunità giudaica al suo comportamento e alla sua predicazione; si possono giustificare anche i vari atteggiamenti di diffidenza esplicitati dagli stessi apostoli in talune occasioni e le loro difficoltà nel capire fino in fondo la “novità” del messaggio proclamato dal loro maestro.
Ma Gesù non era soltanto un “profeta” che annunziava la venuta imminente del Regno, era anche un “maestro” che insegnava la Legge di Mosè e si arrogava il potere di giudicare egli stesso la Legge. Le sue interpretazioni scaturirono in profonde risonanze sociali e religiose, colpirono al cuore alcuni cardini dell’interpretazione farisaica della Legge di Mosè ed introdussero elementi di rottura con la spiritualità giudaica del tempo. Affermando che non c’è nulla di esterno all’uomo che entrando in lui possa contaminarlo, ma piuttosto sono le cose che escono dall’uomo quelle che lo contaminano, Gesù metteva in discussione tutta la concezione farisaica sulla purità, superava di colpo la distinzione fondamentale per tutta l’antichità fra il sacro e il profano, sottoponendo interamente la purità rituale alla purità morale. Gesù opera una vera e propria rivoluzione nel modo di interpretare i valori religiosi che nel mondo antico erano generalmente basati su pratiche volte a legare passivamente la gente alla religione con pratiche rituali o con prescrizioni igieniche. Per questo appariva scandaloso anche l’atteggiamento di Gesù nei confronti della violazione del sabato. Questa sua interpretazione intendeva colpire la concezione religiosa del tempo tesa ad un’osservanza formale della Legge. Gesù affermava che la moralità non è fatta dipendere dall’osservanza esteriore e legalistica delle norme della Legge, ma dall’obbedienza autentica alla volontà di Dio. Questo spiega le violente critiche che ostentava nei confronti dei religiosi del tempo (Maestri della Legge, Scribi, Farisei). Secondo Gesù la loro arroganza e presunzione impedivano e precludevano la vera conoscenza di Dio.