Emorragia cerebrale fatale per un uomo ricoverato al Giovanni Paolo II di Ragusa. Espianto multiorgano: donati fegato e reni

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Emorragia cerebrale fatale per un uomo ricoverato al Giovanni Paolo II di Ragusa. Espianto multiorgano: donati fegato e reni

RAGUSA – Un uomo di 89 anni, deceduto a seguito di un’emorragia cerebrale, ha donato i propri organi permettendo di salvare altre vite. Il paziente era stato ricoverato all’ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa. Nonostante l’età avanzata, il quadro clinico ha consentito il prelievo del fegato e di entrambi i reni, avvenuto qualche giorno fa ed effettuato in collaborazione con l’équipe dell’Ismett di Palermo. Il fegato era destinato a un paziente che si trovava già in sala operatoria, all’Ismett, in attesa dell’arrivo dell’organo: un dettaglio che evidenzia quanto ogni fase della donazione debba avvenire con tempestività ed efficienza. Una risposta rapida è infatti essenziale per garantire la possibilità di utilizzo degli organi. Fondamentale, in questo caso, è stata la decisione consapevole e immediata della famiglia, che ha rispettato la volontà espressa in vita dal congiunto.

L’Asp di Ragusa esprime profonda gratitudine a tutti i professionisti coinvolti in questo delicato intervento, che ha visto impegnato l’intero ospedale, in uno sforzo corale e coordinato nonostante i carichi di lavoro e i turni già gravosi. Hanno partecipato il Coordinamento trapianti dell’Asp, le équipes dei reparti di Anestesia e Rianimazione, Chirurgia, Urologia, Medicina legale, Anatomia patologica, Radiologia, Neurologia, Medicina trasfusionale e ai Laboratori analisi di Ragusa e Modica, oltre al personale della Sala operatoria e al servizio di emergenza della Seus 118. “Il nostro ringraziamento va prima di tutto alla famiglia del donatore per la straordinaria sensibilità e generosità dimostrata – dichiara il direttore generale dell’Asp di Ragusa Giuseppe Drago – ma anche a tutti i nostri operatori, che ancora una volta hanno dato prova di professionalità e spirito di servizio. Un gesto così nobile è possibile solo grazie all’impegno collettivo di un intero ospedale, capace di attivarsi all’unisono anche in condizioni di grande pressione organizzativa”.