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Su Iblea Acque pesano 40 milioni di euro di debiti. Liuzzo (Pld): “E’ il momento di portare i libri in tribunale”

COMISO – “Iblea Acque versa in una situazione finanziaria drammatica: oltre 40 milioni di euro di debiti secondo quanto trapelato. Di fronte a numeri così gravi, è doveroso fare chiarezza. La trasparenza non è un’opzione, è un obbligo verso i cittadini”. La denuncia arriva dal componente regionale del Partito Liberaldemocratico, il consigliere comunale di Comiso Salvo Liuzzo. “Non può e non deve esserci alcun piano di rientro a carico dei Comuni soci – chiarisce Liuzzo – Lo vieta espressamente il Testo unico sulle società a partecipazione pubblica (Tusp), art. 14, comma 5, che testualmente stabilisce: “È vietato agli enti pubblici di effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito o altre forme di sostegno finanziario a favore di società partecipate che abbiano registrato perdite per quattro esercizi consecutivi o che si trovino in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario”. Ed è proprio il caso di Iblea Acque”.

“Ma c’è un altro rischio ancora più concreto e pericoloso: il dissesto degli stessi Comuni soci – continua Liuzzo – Con bilanci già fragili, la prospettiva di dover ripianare – anche indirettamente – una voragine da decine di milioni di euro significa avvicinarsi pericolosamente a situazioni di deficit strutturale. È uno scenario che non possiamo accettare. Significherebbe sacrificare servizi essenziali, aumentare le tasse locali, bloccare investimenti e mettere in ginocchio intere comunità. A tutto questo si aggiunge un fatto gravissimo e inaccettabile: il solo Comune di Comiso vanta crediti per oltre 4 milioni di euro nei confronti di Iblea Acque, frutto di anticipazioni effettuate per garantire il servizio ai cittadini. Soldi pubblici che rischiano di non tornare mai più nelle casse comunali. Ecco perché diciamo che serve trasparenza, non salvataggi. Ed è per questo che chiedo che i registri contabili della società siano portati in tribunale o che la Corte dei conti avvii un’indagine per accertare responsabilità e fare piena luce. Non si può chiedere ai cittadini di pagare l’ennesimo conto salato per errori altrui. Non è solo una questione economica: è una questione di giustizia”.