Al salone del libro di Torino la silloge poetica “Aletheia” della scrittrice Maria Aloris Pilato con la prefazione postuma del compianto Alessandro Quasimodo

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Al salone del libro di Torino la silloge poetica “Aletheia” della scrittrice Maria Aloris Pilato con la prefazione postuma del compianto Alessandro Quasimodo

RAGUSA – “E’ semplicemente la volontà profonda di realizzare un sogno ad individuare i percorsi della propria esistenza. Quello che non esiste ancora e che potrebbe esistere regalandoti un sorriso, diviene, per quanto detto, vivo ed entusiasmo puro. Al di là di una Vita, talvolta, stanca ed intrappolata nell’ordinario, esiste il bisogno di quello che ordinario non è. Ed eccomi qui, al Salone del libro di Torino con le mie parole spettinate scritte durante incessanti dialoghi interiori. Ed eccomi qui, nel luogo in cui le mie parole mi hanno semplicemente diretta”. Questo il racconto dell’autrice della silloge poetica dal titolo “Aletheia”, Maria Aloris Pilato, in ordine alla propria esperienza di partecipazione al Salone del libro di Torino. Il termine greco “Aletheia”, titolo della silloge poetica in questione, definisce un processo di disvelamento in cui la realtà fattuale diviene autenticamente sincera e onesta. Trattasi di una Verità che non rimanda a qualcosa da accettare, in quanto conforme ad una realtà oggettiva, ma ad un percorso interiore che si svela con la conoscenza e, soprattutto, con la consapevole percezione autentica del proprio Essere e Sentire. “Aletheia” è, per quanto detto, una raccolta di componimenti poetici che rappresenta un’evoluzione del pensiero, nonché un’analisi che induce a fare la sintesi di un momento di Vita che ha approdo in un nuovo ordine spontaneo e mai casuale e, per quanto detto, sempre accuratamente scelto. “Definirei questa silloge, precisa l’autrice, come l’elogio della capacità di scegliere sempre. Ci si approccia all’esistenza con atteggiamento, talvolta, approssimativo, non comprendendo l’importanza di ogni singola scelta che trasforma la Vita in una continua occasione per scoprire le proprie risorse emotive.

Ed ecco che tutto quello che è nella tua Vita esiste semplicemente perché ne hai scelto il colore, il profumo, i lineamenti e i sorrisi… Ed ecco che diviene avvincente comprendere in modo assi profondo la sintonia e la familiarità con ogni cosa scegli rappresenti il tuo tutto. Ed ecco che, all’esito del percorso interiore fatto, avere cura della propria Vita diviene la finalità del proprio esistere spettinato. Ed ecco che impari ad amare tutto e, soprattutto, le cose che restano sospese, perché così leggere e mai superficiali per gli occhi e il cuore”. “Esiste un tempo che è solo il tuo. Esiste un tempo perfetto nella sua solo apparente imperfezione che è l’esatto momento in cui la tua Verità d’essere e Sentire si disvela inesorabilmente e con una così inarrestabile veemenza che ti impedisce di tornare indietro. Il tempo perfetto travolge il passato fino a sentire di non averne quasi più il ricordo. Percepisci l’istantanea vertigine e l’ebrezza elegante di non avere avuto, forse, un tempo. Un incantesimo che si infrange. Un palpitare quasi insensibile e impetuoso della Vita che avevi osato non sentire per tanto tempo, oltraggiando la Vita stessa. Non decidi neanche più tu. La forza della Vita in modo assai raffinato e astuto, oltre che con accuratezza mai stanca, sceglie per te il prossimo passo da compiere. In modo assai semplice la dittatura della Verità si disvela nella sua maestosità priva di finitudine e si diverte a mettere ordine tra i cassetti, a buttare via quello che non è più tuo e che non lo è mai stato, ad assaporare quello che ti appare nuovo, a non ascoltare le parole sentite per caso e a credere in te stessa, oltre che nel fluire paziente, non scomposto e mai noioso della Vita.

Ed ecco che inizi ad ascoltare musica francese mentre degusti al chiarore del sole quegli attimi che sono un dono gentile di questo esistere piacevolmente invadente e apprezzi anche le cose che sono sospese e, per questo, imperiture”. L’autrice dedica quanto scritto a se stessa, a quello che ama più profondamente e al colore verde dell’aria, nonché alla dimensione più spontanea del nostro essere che ci fa respirare e che è essa stessa respiro. Detta dimensione mai stanca di vivere e incessantemente palpitante ha collocazione nella propria essenza e ci induce a chiederci cosa realmente vogliamo dalla Vita e da noi stessi. La fretta ci preclude la bellezza di osservare il paesaggio durante il percorso e, distratti, non ci si accorge del privilegio che è poter celebrare la Vita con ogni nostra scelta, anche con quella, solo apparentemente, insignificante. “Aver partecipato al Salone del libro di Torino con le mie semplici e leggere parole che restano sospese è per me un gioioso modo per celebrare la Vita e il suo scorrere, nonché un’emozione incisa per sempre in quella dimensione inaspettata dell’esistenza della quale ho profondo bisogno.” Lo scritto in questione è anticipato dalla prefazione dell’attore, regista teatrale e poeta italiano recentemente scomparso Alessandro Quasimodo, figlio del Premio Nobel per la Letteratura 1959, oltre che della danzatrice e attrice Maria Cumani. Detta prefazione costituisce un’analisi-studio accurata dei componimenti poetici costitutivi della silloge in questione, oltre che una descrizione delle scene poetiche sottoposte alla silenziosa osservazione del lettore.