Perché Gesù non ha lasciato nulla di scritto?
Nulla di certo sappiamo sulle origini di Gesù (un nome comune nell’ambito giudaico). Trascorre la sua vita terrena da laico, vive i suoi primi 30 anni a Nazareth, una sconosciuta cittadina collinare della Galilea meridionale. Si hanno scarse notizie di questo periodo. Il padre legale Giuseppe, forse carpentiere di professione, non compare durante il suo ministero perché presumibilmente era morto. Sua madre Maria, invece, è menzionata, come anche i suoi fratelli Giacomo, Giuda e Simone. La maggior parte dei riferimenti che si trovano nei Vangeli indicano che i parenti di Gesù, ad eccezione della madre Maria, non lo seguirono durante il suo ministero pubblico.
Gesù non ha lasciato nulla di scritto, ma neppure gli evangelisti, cioè gli autori stessi che attraverso i Vangeli ci hanno fatto conoscere tutto quello che oggi sappiamo sulla vita e le opere di Gesù, si sono preoccupati di dare almeno un cenno riguardante il suo aspetto fisico, la sua infanzia, nulla che potesse interessare la curiosità umana. Tacciono sulla formazione scolastica di chi è definito come “Maestro”, tanto che i suoi oppositori si chiedevano come egli potesse conoscere le Scritture quando non aveva mai studiato sotto la guida di un maestro riconosciuto
Stando alla testimonianza dei Vangeli, Gesù sapeva leggere e scrivere. L’episodio della scrittura sulla sabbia in occasione della lapidazione dell’adultera riportato dall’evangelista Giovanni è celebre perché Gesù, dopo aver pronunciato la famosa frase “chi è senza peccato scagli la prima pietra”, si chinò e si mise a scrivere con il dito sulla sabbia. L’evangelista riferisce l’episodio ma non svela le misteriose parole scritte da Gesù, neanche se ne curarono gli scribi e i farisei che dopo la risposta di Gesù se ne andarono via immediatamente. L’evangelista Luca riporta l’episodio di Gesù che nella sinagoga di Nazareth si alzò per leggere il rotolo del profeta Isaia.
Visto che Gesù sapeva leggere e scrivere, è lecito chiedersi perché non abbia lasciato nulla di scritto, né di se stesso né della sua predicazione. Potremmo affermare, come prima risposta, che al tempo in cui visse Gesù in pochi sapevano leggere e il livello intellettuale delle persone a cui Gesù si rivolgeva non era sufficientemente alto per comprendere la profondità spirituale dei suoi discorsi, tanto che spesso si rivolgeva ai suoi uditori con parabole e miracoli, un linguaggio in grado di facilitare e rendere comprensibile il suo messaggio. Quindi si potrebbe pensare che eventuali suoi scritti potevano risultare inutili perché in pochi sarebbero stati in grado di leggerli, con il rischio che andassero perduti. Potremmo anche considerare che se Gesù avesse scritto di se stesso sarebbe stato autoreferenziale, sappiamo che le testimonianze più efficaci sono quelle che gli altri dicono di te, mentre sono meno considerate quelle che l’interessato proferisce di se stesso. Silenzi inspiegabili, giacché in tutti i racconti mitologici o d’epopea religiosa gli autori mostrano la costante preoccupazione di descrivere il loro eroe, al fine di conferirgli autorevolezza, credibilità e personalità. Ma al di là di queste considerazioni, che potrebbero essere ritenute anche banali, il vero motivo per cui Gesù non ha lasciato nulla di scritto ha radici molto profonde.
Gesù, persona illuminata da Dio, è portatore di un messaggio universale rivolto a tutta l’umanità, al di fuori dei confini spazio-temporali. Generalmente lascia un testo scritto colui che pensa che il tempo scorre e le sue parole dopo la sua morte possano essere dimenticate. Questo scritto rimane strettamente legato alle condizioni contingenti del tempo in cui ha vissuto l’autore, e tutto finisce lì.
E’ riconosciuto dagli studiosi dei testi biblici l’altissimo grado di profondità delle parole e dei discorsi pronunciati da Gesù, nonché la complessità e il carattere di universalità del suo messaggio spirituale, ancor oggi incredibilmente attuale a distanza di più di duemila anni. Questo ha consentito che le parole pronunciate da Gesù venissero trasmesse tramite una nuova e rivoluzionaria metodologia che avrebbe coinvolto i suoi discepoli e altre persone colte che, dopo di lui, sotto l’azione dello Spirito Santo sarebbero state in grado di elaborarle per divulgarle al mondo intero e alle generazioni future. Gesù afferma: «Andate dunque e ammaestrate tutti i popoli…insegnate loro tutto ciò che io vi ho comandato. Ed ecco io sono con voi fino alla fine del mondo» (Mt. 28,19-20). Dio, in definitiva, lascia le parole pronunciate da Gesù ad uomini scelti, ai quali affida il metodo da seguire per annunciarle e diffonderle nei tempi avvenire, nella certezza che saranno attualizzate nel futuro all’interno dei Popoli e delle diversità culturali e religiose. Gesù assicura che la Sua presenza sarà costantemente garantita per mezzo dello Spirito Santo che veglia e guida tutti gli uomini annunciatori del suo messaggio.
L’enorme portata delle parole di Gesù, e il loro intrinseco carattere di universalità, fattori che di fatto impedivano di racchiuderle in un testo definito e circoscritto, viene attestata dall’evangelista Giovanni che, a conclusione del suo vangelo, testualmente scrive: «Gesù fece molte opere che non sono mai state scritte, se si scrivessero tutte riempirebbero tanti libri che neanche il mondo intero potrebbe contenerli». L’evangelista sicuramente vuole comunicarci che non si finirà mai di indagare e scrivere sulla persona di Gesù, messaggero di un annuncio unico e universale, intramontabile e inesauribile, destinato ad essere compreso gradualmente nel tempo, all’interno della storia e della cultura dei popoli. Il suo insegnamento, infatti, supera ogni barriera di spazio e di tempo, e potrà essere apprezzato e valorizzato dall’uomo di ogni epoca a testimonianza di un “Pensiero Universale” che ogni generazione può e deve rileggere in chiave d’attualità.