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Si attende la relazione a Papa Francesco del “visitatore apostolico” che deve far luce sull’operato del Vescovo modicano Gisana e dei prelati nella vicenda del prete condannato per abusi sessuali ai danni di minori

La Santa Sede ha inviato un visitatore apostolico con l’obiettivo di indagare su quanto accaduto nella Diocesi di Piazza Armerina in relazione al comportamento dei prelati sul caso di don Giuseppe Rugolo, il sacerdote condannato dal Tribunale di Enna a 4 anni e 6 mesi di reclusione per violenza sessuale su minori. Le attenzioni sarebbero concentrate sul vescovo di Piazza Armerina, Rosario Gisana, di origini modicane. Il visitatore apostolico, che secondo alcune indiscrezioni è un vescovo di una città del Nord Italia, è stato nell’Ennese dal 15 al 18 gennaio ed ha incontrato alcuni prelati coinvolti nella vicenda. All’ “ispettore” del Vaticano spetterà inviare una relazione a papa Francesco su quanto emerso nel corso della sua indagine. Poi, il Pontefice prenderà una decisione.

La Procura aveva notificato qualche settimana fa al vescovo Gisana e al vicario giudiziale della diocesi di Piazza Armerina Vincenzo Murgano, un avviso conclusione indagini per falsa testimonianza. Secondo l’accusa, i 2 avrebbero mentito deponendo al processo al prete accusato delle violenze. Un processo lungo e molto doloroso per la vittima, Antonio Messina, che raccontò le molestie prima ai vertici della Diocesi di Piazza Armerina e poi alla polizia. I giudici avevano già a suo tempo evidenziato “La responsabilità civile della Curia, colpevole di non essere intervenuta per evitare che il sacerdote abusasse dei giovani parrocchiani”. I giudici avevano inoltre accusato il vescovo “Di aver agevolato gli abusi, non tutelando i minori e le loro famiglie”. Una volta lette queste ed altre motivazioni, la vittima era tornata a rivolgersi alla giustizia, denunciando i vertici della Diocesi: da qui l’indagine le cui conclusioni sono state notificate al vescovo e al vicario generale. A fianco di Gisana, un anno fa, si schierò Papa Francesco, che definì il prelato un «perseguitato».