Fuga dalla Sicilia: l’Istat certifica che nel 2021 ben 91.274 siciliani sono stati cancellati dall’anagrafe e di questi poco più di 50.000 sono al di sotto dei 40 anni. Sono studenti, lavoratori laureati in cerca della prima occupazione o in fuga da le tante forme di precariato diffuse nell’Isola dove il lavoro discontinuo è una regola o quasi. L’esodo nell’arco di 7 anni assume contorni preoccupanti perché sono 700.000 i siciliani che si sono trasferiti in altre regioni. In testa alle preferenze la Lombardia, il Piemonte, il Lazio mentre all’estero è sempre la Germania ad attrarre i siciliani seguita dal Regno Unito.
E’ una doppia perdita per la Sicilia perché prima lo Stato spende per dare una formazione a quelle che dovrebbero essere le future classi dirigenti e poi le vede allontanarsi con professionalità e abilità ben formate per arricchire paesi sviluppati ed in cerca di alta professionalità. Così la Sicilia diventa più povera e sempre meno abitata con particolare riguardo alle zone interne del nisseno e dell’agrigentino innanzitutto. Non è infatti un caso che da 5 milioni di abitanti la Sicilia sia oggi a 4,8 milioni con un 4 per cento in meno di popolazione.
Lo spopolamento è a stento bilanciato da chi rientra o da chi ha scelto di cambiare vita e andare ad abitare nei borghi sono offerte case ad un euro da ristrutturare. E’ così che la Sicilia risulta sempre più vecchia perché i giovani il cui profilo si può così riassumere, tra i 20 e i 30 anni, sempre più qualificati perchè formatisi nelle scuole superiori e professionali siciliane, emigrano stanchi di mancanza di opportunità, di meritocrazia inesistente e di una politica che avvantaggia solo le classi dirigenti e di un settore privato che non premia.