Trent’anni di carriera riassunti in 60 opere. L’antologica di Giovanni Iudice “legge” la Sicilia e ne presenta i suoi volti, i paesaggi, i drammi, la bellezza. E’ il risultato di una intensa attività dell’artista gelese tra il 1992 e il 2022 che utilizza varie tecniche, pittura, disegno, matita, oli, per un’arte che è strumento di denuncia oltre che di racconto quotidiano. “Dipingo e disegno il brulicare della vita” dice Iudice, “la Sicilia sociale, quella che cerca riscatto, nell’accezione popolare della normalità, arduo e contraddittorio senso della moda contemporanea, che impone artificiose congetture figurali. Il mio lavoro vede la pittura come speranza per una nuova visione orizzontale delle cose, senza politica nè sofferenza ma in equilibrio con la vita”. Le opere ospitate all’ex Convento del Carmine di Piazza Matteotti per l’iniziativa della Fondazione Garibaldi con la consulenza di Paolo Nifosì provengono anche da importanti collezioni private. Si va dai primi disegni degli anni ‘90 fino ai lavori contemporanei, attraversando cicli diversi, tra ritorni e sperimentazioni.
Il “sentimento” dell’artista gelese è un viaggio emozionale che tocca temi scottanti e attualissimi come gli sbarchi dei migranti, su cui Iudice chiama a riflettere contrapponendo le spiagge assolate popolate dai bagnanti a quelle stesse che di notte accolgono i clandestini. I suoi mari rappresentano una sorta di “terra del ritorno” in cui il blu è vita ed evoluzione, anche quella personale dell’artista. La Sicilia di Iudice assurge, dunque, a metafora della società contemporanea anche nella vita dei rioni popolari e delle periferie per una pittura che attraverso l’oggettività vuole farsi anche denuncia sociale e non solo contemplazione artistica. Dice il curatore Paolo Nifosì: “La sua scommessa è quella di essere protagonista utilizzando i più antichi mezzi della rappresentazione, il disegno, i colori dell’olio e del pastello, ancora una volta reinventati ed inediti. Iudice ha la possibilità di dipingere tutto quello che gli cade sotto gli occhi. Non esaurisce la sua narrazione in ossessive e ripetute forme”.